Intervista al manifesto
di Andrea Fabozzi
L’intervista sulle riforme costituzionali a Federico Fornaro, capogruppo di LeU alla camera e grande esperto di sistemi elettorali, deve cominciare con l’ultima uscita dell’alleato Di Maio.
Da New York dice che vuole il vincolo di mandato per i parlamentari. Che cosa risponde?
Facile: non è nel programma.
In effetti era nell’altro programma, il “contratto” con la Lega.
Non è nel nostro programma, quindi discorso chiuso. Detto questo, lo spettacolo di queste settimane con entrate e uscite dai gruppi non è edificante.
E come si risolve?
Si risolve solo rilanciando il ruolo dei partiti. Io distinguo il caso del nuovo gruppo di Renzi. Siamo di fronte alla scissione di un grande partito e c’è un’esigenza politica vera. Sono i frenetico movimenti dei singoli a essere una spia della fallimentare selezione della classe dirigente, che non può essere lasciata alle “parlamentarie”. La debolezza dei partiti nel caso dei 5 Stelle diventa quasi inesistenza: al senato nella scorsa legislatura hanno iniziato in più di 50 e sono finiti in 35.
A proposito di 5 Stelle, non crede di aver firmato loro una cambiale in bianco, assieme al Pd, accettando di votare subito il taglio dei parlamentari?
Lo crederei se non ci fosse scritto quello che invece c’è scritto nel programma di governo. Noi siamo per rispettare gli impegni e questo vale anche per i 5 Stelle. La riduzione dei parlamentari deve vedere contemporaneamente l’avvio di un percorso di riequilibrio. Noi stiamo proponendo una modifica costituzionale per cambiare la base di elezione del senato. Perché è al senato che la riduzione dei parlamentari determina un’oggettiva penalizzazione delle formazioni più piccole.
L’articolo 57 della Costituzione stabilisce che il senato è eletto “a base regionale”.
Noi proponiamo che sia eletto “a base regionale o pluriregionale”. Magari si può aprire una riflessione più ampia, se cioè non sia arrivato il tempo di avere sistemi elettorali del tutto uguali tra camera e senato. L’occasione l’abbiamo, visto che con un’altra legge di revisione costituzionale stiamo rendendo omogenei gli elettorati attivi e passivi delle due camere. Il nuovo articolo 57 consentirebbe di avere un risultato uguale tra camera e senato. E andrebbe incontro ai problemi di rappresentanza.
Ma lo farebbe solo in presenza di una quota proporzionale nella legge elettorale.
Parliamoci chiaro, con una legge tutta maggioritaria, come quella che sta tentando di raggiungere Salvini con il referendum delle regioni, il problema sarebbe di altra natura. Se sono tutti collegi uninominali, il rischio anche solo teorico che li vinca tutti lo stesso partito c’è.
Che vuol dire “contestualità” delle garanzie e del riequilibrio, se il taglio dei parlamentari si vota subito e si vota da solo?
Vuol dire che prima dell’8 ottobre come maggioranza dobbiamo trovare un’intesa su alcuni punti e garanzie costituzionali. Si troveranno poi le tecniche parlamentari per portarli avanti, nel rispetto delle opposizioni. Che vanno coinvolte, vorrei sapere se anche per loro non è un passo avanti risolvere l’instabilità del senato.
Pensa di inserire la modifica dell’articolo 57 in un emendamento di maggioranza al disegno di legge sul voto ai diciottenni al senato, che è già in seconda lettura?
Potrebbe essere una strada, o si potrebbe far partire subito un’altra legge di revisione costituzionale puntuale sul 57. Non ho preclusioni. Dicendo sì al taglio dei parlamentari abbiamo fatto un’apertura e ci aspettiamo lo stesso dai 5 Stelle. Idealmente le due cose andavano fatte assieme, non siamo stati in condizione di farlo ma non ho motivo di dubitare che si porterà avanti l’intesa.
Poi bisognerà cominciare a parlare di legge elettorale. Ha visto che dopo la scissione di Renzi nel Pd la linea neo proporzionale è passata di moda?
C’è questa idea per cui il maggioritario sarebbe meglio del proporzionale perché garantisce stabilità. È un’autentica bufala. In Norvegia con un proporzionale puro hanno avuto quattro o cinque governi in trent’anni. Bisogna ricordare i fondamentali. La formula maggioritaria è più attenta alla stabilità dei governi. La formula proporzionale guarda alla rappresentanza e alla legittimazione del parlamento. Non esiste un sistema migliore degli altri, le formule vanno cucite su misura del paese. Io sono convinto che in questa fase l’Italia abbia bisogno di aumentare la propria fiducia nei confronti delle istituzioni e conseguentemente credo che la rappresentanza debba pesare di più della governabilità. Oggi tra elettori ed eletti c’è un fossato.
Tagliare i parlamentari e fare dell’Italia il grande paese europeo con il più alto rapporto tra rappresentati e rappresentanti scava ancora di più quel fossato, non crede?
Non necessariamente. Di principio non siamo mai stati contrari a una riduzione dei parlamentari, tant’è che tutte le proposte di riforma in questi anni sono sempre partite da lì. La tela della fiducia nelle istituzioni secondo me si è strappata più per colpa delle liste bloccate, per dire, che per l’aumento della dimensione dei collegi.
Alla fine non ho capito se lei il taglio dei parlamentari lo voterà per lealtà alla maggioranza o per convinzione.
Se oggi dovessi scriverla io quella riforma, limiterei il taglio e mi fermerei a 500 deputati e 250 senatori. Dopo di che il mio sarà un voto che tiene conto del quadro entro cui si è raggiunto l’accordo di governo. Provando a tenere insieme la maggiore efficienza del sistema con i bilanciamenti necessari a rispettare il carattere sistemico della nostra Carta costituzionale.28